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Dieta in età pediatrica

‘’Buongiorno dottoressa, avremmo bisogno del suo aiuto: il nostro bambino dovrebbe perdere tot kg, potrebbe fargli una dieta per dimagrire?”

Occupandoci di nutrizione infantile, è molto comune ricevere richieste come questa da parte dei genitori. E’ fondamentale essere consapevoli delle conseguenze (fisiche ed emotive) delle diete in età pediatrica per poter rispondere in maniera costruttiva ai genitori e ingaggiarli nel percorso di cambiamento.

Cosa c'è alla base: la prevenzione

ALIMENTAZIONE SANA ed ATTIVITA’ FISICA sono i due pilastri su cui si fonda la PREVENZIONE. Ovunque infatti si può leggere o ascoltare di come uno stile di vita sano, possa aiutare a prevenire patologie importanti.

Ma: cosa significa FARE PREVENZIONE in ETA’ PEDIATRICA?

Parlare di prevenzione in età infantile significa sicuramente attuare strategie per permettere una crescita ottimale e il mantenimento del peso di salute attraverso il consumo di una grande varietà di alimenti e una buona dose di movimento.

Non solo. Significa anche lavorare perché il bambino possa INSTAURARE UN RAPPORTO SERENO CON IL CIBO E CON IL PROPRIO CORPO, per vivere con serenità i momenti legati ai pasti e sviluppare una immagine corporea positiva.

Purtroppo, quando si mette a dieta un bambino, sono proprio questi aspetti che vengono minati. Capiamone le motivazioni nel dettaglio.

Conseguenze della dieta in età pediatrica

Prescrivere una dieta ipocalorica per favorire il dimagrimento in un bambino, NON E’ ASSOLUTAMENTE CONSIGLIABILE. La restrizione alimentare, sia oggettiva che cognitiva, in età pediatrica è una ‘’strategia’’ che può avere delle conseguenze importanti di tipo sia fisico che psicologico.

CONSEGUENZE FISICHE

  1. ALTERAZIONE DELLA FAME: la fame è un sistema di controllo legato alla sopravvivenza. Se un organismo risulta ‘’in pericolo” (calano le riserve, diminuisce l’apporto energetico ecc…) AUMENTA l’APPETITO. Per questo motivo, se si è a dieta, si avrà voglia di cibo in misura proporzionale alla restrizione imposta: più si restringe, più si avrà fame.
     Questo meccanismo è attivo anche nell’adulto, il quale però può fare uno SFORZO COMPORTAMENTALE per continuare a seguire il piano dietetico prestabilito: IGNORARE LO STIMOLO della fame, SILENZIARLO, RESISTERE alla tentazione. Nel bambino il comportamento alimentare è molto più istintivo e quindi non può ‘’TRATTENERSI’’: se HA FAME, MANGIA.
  2. MINERALIZZAZIONE OSSEA: la restrizione calorica impedisce al bambino di raggiungere il proprio potenziale di mineralizzazione ossea previsto entro i 20 anni. Di conseguenza, dopo i 50, sarà maggiormente esposto a rischio fratture.
  3. REAZIONE DELLE CELLULE ADIPOSE: i bambini hanno una percentuale di tessuto adiposo bruno più elevata rispetto agli adulti. Tra le sue numerose funzioni vi è anche la produzione di ormoni che regolano l’assunzione di cibo. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che la restrizione calorica porta ad una diminuzione sia del tessuto adiposo bianco che bruno, rallentando il metabolismo, aumentando la capacità di accumulare peso e diminuendo quella di perderlo.
     
    In pratica le DIETE IPOCALORICHE paradossalmente possono favorire L’AUMENTO DI PESO.
  4. PEGGIORAMENTO DELLA QUALITA’ DEL SONNO: la carenza di carboidrati influisce negativamente sul cervello dei bambini in misura maggiore rispetto a quello degli adulti. Possono presentarsi possibili problemi di sonno come difficoltà ad addormentarsi, risvegli notturni o precoci, che si trasformano poi in minor capacità di concentrazione e di attenzione durante il giorno e maggior agitazione.

CONSEGUENZE PSICOLOGICHE

  1. SVILUPPO DI COMPORTAMENTI ALIMENTARI DISORDINATI: diete restrittive possono portare ad una ulteriore restrizione degli alimenti, o a sviluppare sentimenti di colpa nei confronti del cibo.
  2. AUMENTO DEL DESIDERIO DI CIBI PROIBITI: i cibi che non possono essere consumati durante la dieta eserciteranno un potere enorme nei confronti del bambino che ne sarà attratto così fortemente da abusarne, soprattutto in assenza del genitore. Una sorte di ‘effetto del “frutto proibito” ed è un meccanismo che si instaura molto facilmente con una restrizione alimentare.
  3. BASSO CONTROLLO ALIMENTARE: chi viene messo a dieta, ha una maggiore difficoltà nel riconoscere i VERI segnali di fame e sazietà e quindi vi è un allontanamento dai comportamenti alimentari ‘’intuitivi’’;
  4. INFLUENZA NEGATIVA SULL’IMMAGINE CORPOREA: un bambino messo a dieta percepisce in maniera negativa il proprio corpo e di conseguenza viene danneggiata anche la sua relazione con esso.
  5. IMPATTO NEGATIVO SULL’AUTOSTIMA: quando il successo di una dieta viene associato al valore personale, potrebbero insorgere delle alterazioni sulla percezione di sé stessi: non riesco a stare a dieta, QUINDI non sono bravo, non valgo niente, non porto mai a termine le cose, ecc.
  6. DANNO ALLA RELAZIONE CON IL CIBO: Il pasto diventa una fonte di ansia piuttosto che di nutrimento e piacere. Questo si ripercuote ovviamente anche sulla socializzazione e predispone ad un maggior isolamento.

Come accogliere le richieste di dimagrimento?

Non basta essere consapevoli delle conseguenze nefaste della dieta in età pediatrica per evitare di ricevere richieste di dimagrimento. E’ qualcosa che, come professionisti dobbiamo essere in grado di accogliere, senza portare il genitore a rivolgersi a un altro studio.

Ecco qualche consiglio:

  • Accogliamo le preoccupazioni: molto spesso la raccomandazione a mettere a dieta il bambino viene da un professionista sanitario che gode della stima e della fiducia dei genitori. A questo si aggiunge la cultura della dieta, tutto il sentito dire riguardo il “concetto di salute”, il desiderio di “fare bene” per il proprio figlio e il bagaglio personale della famiglia.
     Sminuire le paure sarebbe un atteggiamento controproducente, cerchiamo di contestualizzare le informazioni senza assumere un atteggiamento di superiorità (io so le cose, tu no).
  • Esprimiamo i nostri dubbi riguardo una dieta ipocalorica per il bambino, motivandolo con dati scientifici come quelli spiegati sopra – senza fare terrorismo!
  • Mantieniamo un atteggiamento collaborativo: il colloquio motivazionale deve tendere ad esplorare piuttosto che esortare, a sostenere piuttosto che persuadere.
  • Proponiamo un’alternativa: spieghiamo cosa si può fare, cerchiamo di stimolare la persona (o meglio, la famiglia) al cambiamento.

Abbiamo parlato in maniera approfondita di questo argomento in due dei moduli all’interno della Mini Academy di SNIP, il corso da 50 ECM dedicato alla nutrizione pediatrica. Per info e costi, clicca qui sotto!

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